giovedì 2 febbraio 2012

La tubercolosi, l'opera, e i profeti moderni.




Quando dico che faccio il soccorritore per il 118 la risposta che ricevo più spesso è: "Ah, ne avrai viste di cose...." e lì l'interlocutore sospende il parlare come ad aspettare una mia collaborazione nel terminare la sua frase con parole tipo "truci", "forti", "splatter" o altri termini che possano connotare un'esperienza emotivamente e visivamente fuori dalla norma.
Ora, chiaramente ci sono anche quelle, ci sono gli incidenti, ci sono gli infarti e ci sono le aggressioni, ma la maggior parte delle volte si tratta di eventi non particolarmente intensi, così da far arrivare la routine anche nelle notti in arancione tra sirene e ambulanze.

Per fortuna, in un certo senso almeno, ci sono delle volte in cui capita qualcosa di veramente fuori dalla consuetudine di tutti i giorni, come per esempio un bel caso di tubercolosi.

La tubercolosi, o tisi, ma per noi intimi semplicemente TBC, è quella malattia che tra le caratteristiche principali ha quella di essere nota ai melomani. Ne soffre Mimì (ma il suo nome è Lucia), semplice protagonista femminile de La Bohème, così come ne è afflitta Violetta de La Traviata, due figure che ammantano la TBC di un'aura romantica e malinconica, pensa un po', l'esatto contrario della realtà.
Il tubercoloso tipo con cui ha a che fare un volontario del 118, oggi, non è ne leggiadro ne riesce ad arrivare senza problemi al do sovracuto: il nostro amico tutto tosse è infatti un africano rifugiato politico in Italia che porta con se, oltre a tanta speranza, anche l'operoso Mycobacterium Tuberculosis
C'è bisogno che io dica che non tutti gli africani hanno la TBC e che non bisogna generalizzare e bla e bla? Ce n'è davvero bisogno agli inizi del 2012? Spero di no, ma lo scrivo comunque tanto per chiarire.

La cosa particolare della missione che vede come protagonista un paziente affetto da TBC è che la malattia è particolarmente infettiva, così tutto l'equipaggio è costretto, dal protocollo, a indossare delle mascherine che si spera possano tenere alla larga il bacterium di cui sopra e soprattutto possano dare quell'aria da epidemia-killer che non può che tranquillizzare chiunque ti veda. E infatti quando si arriva in pronto soccorso tutti gli altri pazienti guardano l'equipaggio fortunato come se fosse composto da untori pronti a diffondere l'orrenda punizione divina sui peccatori.
In fondo, però, non c'è ragione di farsi prendere dal panico, da un lato Dio non è più così cattivo come una volta (o, volendo, la scienza ha eroso terreno prezioso alle superstizioni), e dall'altro basta vedere l'aria svogliata con cui gli infermieri al triage accolgono il paziente infetto, per capire che o è troppo tardi per tutti o non c'è da preoccuparsi.
Qual'è la risposta? La seconda che ho detto, come diceva Quelo, sebbene infatti la TBC non sia da sottovalutare non è così ovvio prendersela.

Le precauzioni non sono mai troppe però, e infatti, quando l'ambulanza termina la sua missione, viene messa in quarantena per 6 ore così da fugare ogni pericolo per i prossimi passeggeri.





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