lunedì 14 novembre 2011

Il lungo braccio della legge


Non tutte le notti in ambulanza sono movimentate a Milano, ci sono quelle serate che passano senza particolari avvenimenti e che si apprezzano perché permettono di dormire un numero di ore sufficiente così da non rimanere debilitati il giorno dopo la notturna.
Ci sono poi le nottate che non finiscono mai, quelle che sono tutte una tirata di interventi fino alle 8 del mattino e che portano con se tutto un sacchettino di domande su chi ce l'abbia fatto fare che i grazie pure scarseggiano. Ma anche in queste notti, tra una cosa seria e un'altra, c'è spazio per il tipico servizio pacco che consta in una perdita di tempo, ma che ci permette di affrontare un discorso nuovo rispetto a quelli già fatti su queste pagine: il paziente da recuperare nelle camere di sicurezza della Questura.

Quando arriva la chiamata in codice giallo già è chiaro che cosa si andrà a fare, spesso la chiamata dalla Questura non è niente di buono e si traduce in un paziente esagitato che, per i motivi più diversi, ha bisogno delle attenzioni di un medico.
Nel caso di cui parlo, già come entriamo nella zona adibita alle camere di sicurezza si fa limpida la situazione: attorniato da agenti più o meno interessati troviamo un uomo sulla quarantina che lamenta dolori di ogni genere dalla schiena alla testa, e non solo, lo fa nella maniera più plateale possibile avanzando ipotesi di malattie terribili tra ernie killer, febbri gialle e paralisi momentanee.

Da uno sguardo ai poliziotti non è difficile intuire che il tono melodrammatico della descrizione dei sintomi sia cosa nota e abituale, ipotesi che viene suffragata dal continuo insorgere di diverse patologie che non fanno che spingere verso un viaggio diretto all'ospedale.
Viene un sospetto, e il bravo soccorritore si confronta con le forze dell'ordine per avere più dettagli possibili così da aiutare il paziente: alla domanda sul perché della presenza del soggetto in camera di sicurezza scopriamo che è in stato di arresto per aggressione e resistenza a pubblico ufficiale. Praticamente è stato fermato per un controllo, ma alla richiesta dei documenti si è dato alla fuga scatenando la reazione degli agenti che lo hanno acciuffato e, dopo una colluttazione particolarmente combattuta, ammanettato e tradotto in Questura.
Lo studioso di procedura penale sa che nel caso in questione (arresto in flagranza di reato) si procede per rito direttissimo, e cioè il nostro paziente sa già che la mattina dopo è atteso in tribunale per l'udienza che deciderà sul suo prossimo futuro, basta fare due più due per capire che sta facendo il possibile per ritardare l'incontro con il giudice usando il vecchio trucco dell'ambulanza.

Detto questo, se una persona sta male e vuole andare all'ospedale, non è che lo si lascia lì, e così lo portiamo a fare un controllo scortato da due agenti, i quali si premurano di sottolineare la sua condizione al pronto soccorso.
La nostra serata, lasciato il paziente, continua in soccorso di altre persone, ma il caso ci riporta nello stesso ospedale circa due ore dopo la nostra prima visita: non c'è più traccia di paziente e poliziotti, sappiamo da un infermiere che, vista la particolare situazione, sono stati accorciati i tempi così da rilevare la (prevedibile) assenza di ogni patologia e permettere il ritorno in Questura dell'allegra combriccola.
Un esito che si poteva indovinare, e che conferma che per fregare il sistema ci vuole qualcosa di più di un'attitudine alla recitazione. Non molto di più, solo qualcosa.




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